Oggi la Kokeshi Blu, per la rubrica “Parole di incanto e inchiostro simpatico”, intervista Marianna Scagliola, autrice del romanzo “Una famiglia allargata, cane compreso” (Graus Edizioni).
In un quartiere di Napoli, un piccolo appartamento è teatro dei numerosi contrasti e delle piccole gioie quotidiane che costellano la vita della famiglia Schiattarella. Gennaro, patito di pallone dal cuore azzurro, da sempre disoccupato e allergico a ogni tipo di sforzo, trascorre le sue giornate spaparanzato sul divano a godersi le sue due passioni: il Napoli e il cibo.
Sua moglie Concetta, maniaca dell’ordine e della pulizia, donna sempre troppo attenta ai bisogni di marito, figli e di sua madre Teresa, decide di vendicarsi dell’egoismo dimostrato dalla sua famiglia simulando la fuga di Pulcinella, l’adorato cucciolo di casa.
Sullo sfondo di una Napoli viva e pulsante si susseguono le esilaranti avventure degli Schiattarella che, soltanto uniti dalla comune volontà di ritrovare a tutti i costi l’amico a quattro zampe, scopriranno cosa significhi essere una vera famiglia.
Marianna Scagliola è nata a Napoli nel 1978. Vive e lavora in provincia di Napoli. Grazie a suo nonno si è appassionata al dialetto napoletano e ha cominciato a scrivere poesie in vernacolo grazie a sua madre, alla cucina partenopea e alla battuta facile. Nel 2000 si cimenta nella scrittura di racconti che vengono inseriti in raccolte pubblicate da case editrici locali. È il caso di 19 (diciannove), pubblicato in Le affinità affettive (Albus Edizioni, 2008) e Precario, in Lavoro in corso (Albus Edizioni, 2008). Nel 2007 partecipa al laboratorio di scrittura comica e umoristica “Achille Campanile”, fondato da Pino Imperatore, è amore a prima scrittura. Da allora si diverte scrivendo. Una famiglia allargata, cane compreso è il suo primo romanzo. Ai lettori il compito di scoprirlo.
1) Benvenuta in questo spazio, Marianna. Ci vuoi parlare un po’ di questo romanzo. Come nasce e che cosa vuoi trasmettere ai lettori?
La mia idea iniziale non era quella di scrivere un romanzo, ma un racconto umoristico (il primo) per sperimentare tutto quello che avevo appreso nel corso del tempo rispetto a questo genere così affascinante ma anche complesso dal punto di vista stilistico. L’obiettivo principale era quello di far ridere, ma anche di ridere (e difatti mi sono divertita molto nel realizzarlo) perché uno dei messaggi più importanti che mi piacerebbe lasciare ai lettori è proprio quello che “si può e si deve imparare a ridere di tutto ciò che ci accade per riuscire ad esorcizzare il male e il dolore”. E bisogna anche saper ridere di sé stessi…
2) Napoli non è soltanto un mero sfondo, ma sembra essere una protagonista piuttosto ingombrante, che reclama spazio e attenzione. Ci puoi descrivere il tuo rapporto con questa città?
Napoli per me non è solo una città, ma un caleidoscopio di emozioni, di colori, di immagini, di storie. È una città che parla, che si racconta, che vive, che accoglie ed ama. Per tutte queste caratteristiche e per l’amore che mi lega a lei, la considero alla stregua qdi una persona, di una amica.
3) Quali sono i primi lettori quando metti nero su bianco le tue emozioni e i tuoi universi di carta?
I miei primi lettori sono due uomini: mio marito e mio padre. Mi piace che ci sia anche una influenza maschile nel testo per dare una maggiore completezza alla scrittura. Quando scrivo vivo tante emozioni; quelle dei personaggi, e attraverso loro vivo esperienze nuove. La scrittura per me diventa allora la chiave di accesso ad un mondo parallelo.
4) Il libro ha già ottenuto diversi riconoscimenti. Ci vuoi riassumere queste importanti tappe?
Il libro è completamente dedicato a Napoli e alla napoletanita’ e grazie alla valorizzazione della cultura partenopea ho vinto il Premio Scugnizzo in Rosa 2022.
5) Il tuo romanzo offre diverse chiavi di lettura e numerosi spunti di riflessione. Io dico che è un viaggio alla ricerca del senso delle relazioni umane. Che cosa può insegnarci la storia di questa famiglia?
La storia di questa famiglia ci insegna che una famiglia è come una squadra di pallone: si vince e si perde insieme. E che se sta male anche solo un membro, stanno male tutti. E’ per questo che bisogna portare a fattor comune i problemi e , per farlo, bisogna comunicare e non dare nulla per scontato.
6) Che cosa vuol dire per te scrivere?
Per me scrivere è una esigenza, una necessità. È dar vita alle tante “me” che chiedono spazio, voce, una identità.È la mia risposta al fatto di non bastarmi e di non riconoscermi come un’unica individualità, ma esserne molteplici, come ognuno di noi.E a quella moltitudine non basta una vita sola. Per questo scrivo e invento storie e vite nuove.
7) Molto bella la prefazione di questo romanzo, firmata da Decibel Bellini, che è soprattutto un omaggio ad una delle figure più riuscite del libro: Gennaro Schiattarella. “Capo famiglia tifoso del Napoli e figlio juventino…”, insomma un’autrice davvero infingarda! Puoi parlarci del tuo rapporto con il calcio?
Amo il calcio e sono tifosissima della mia squadra del cuore che è appunto il Napoli. Sono cresciuta con un papà, ma soprattutto con una mamma, super tifosi e la domenica attendevo con ansia di ascoltare la partita in radio ed immaginare i goal. Sin da bambina ho sempre percepito il calcio, così come tutti gli sport, come un momento di unione e coesione tra le persone e oggi la penso ancora così.
8) Prossimi progetti editoriali?
Sto lavorando ad un black humor che è un genere che tratta di argomenti molto seri o addirittura drammatici in chiave ironica. È molto ambizioso come progetto, spero di farcela.
E la Kokeshi dice che ci riuscirai sicuramente. Grazie, Marianna, per questa intervista. Ad maiora!